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lunedì 14 aprile 2014

Il Terreno- Composizione del terreno- il clima- le tecniche colturali



www.vinocibo.it - di Nicola Tamburrino
Il Terreno

La vite così esigente nei confronti delle condizioni climatiche, non richiede terreni fertili, ma al contrario predilige quelli piuttosto poveri, che si differenziano in base alla loro composizione e tessitura. Calcare, marne, scisti, argille e altre ancora sono le componenti più diffuse nei terreni destinati alla viticoltura. Il calcare, carbonato di calcio, entra in modo determinante nella maggior parte di essi, mentre la marna è costituita da una miscela di calcare ed argilla in pari qualità.
Terreni calcareo-marnosi conferiscono ai vini colori compatti e profondi, profumi intensi e variegati, buona struttura generale, ricchezza di alcol, bassa acidità, qualità fine e longevità.
Il terreno calcareo-arenaceo contiene sabbia in discreta percentuale e da vini molto equilibrati nelle componenti alcoliche e fenoliche, con profumi fini ma non sempre predisposti a lunghissimi invecchiamenti.
Il terreno marnoso ferruginoso e le terre rosse danno in genere vini di ottima qualità.
Il terreno tendenzialmente argilloso è più idoneo alla coltivazione di uve a bacca rossa, si ottengono vini con pigmentazioni molto intense, sensazioni olfattive complesse, ricchezza di alcol, morbidezza e longevità.
Il terreno calcareo argilloso presente nella maggior parte delle nostre regioni così come quelli dello champagne, permettono produzioni di grande qualità.
Il terreno in gneiss arricchisce i profumi dei vini bianchi di sfumature minerali comuni anche nei Riesling prodotti dalle viti che crescono nei terreni scistosi della Mosella; anche nei terreni ciottolosi e ghiaiosi del Médoc, con buona permeabilità e capacità di trattenere durante il giorno il calore del sole e di cederlo ai grappoli durante la notte, si ottengono grandi risultati.In Australia le caratteristiche terre rosse del Coonawarra danno ai vini ottenuti da cabernet sauvignon e syrah le tipiche sfumature di mentolo e colori intensi e compatti. I terreni sabbiosi non garantiscono in genere la produzione di uve in grado di dare vini ricchi di colore e struttura, quindi sono vini da bersi giovani.Terreni componente acida donano ai vini colori poco intensi ma vivaci, discrete sensazioni olfattive e buona freschezza, ma in genere sono leggeri di alcol e con struttura piuttosto debole

Composizione del terreno
La tessitura (o granulometria) del terreno consiste nella composizione percentuale di sabbia, limo ed argilla.
Le particelle il cui diametro superano i 2 mm, costituiscono lo "scheletro" del terreno; agronomicamente è una frazione senza importanza, ma può essere di ostacolo ai mezzi meccanici se costituita da ciottoli o pietre.
La rimanente frazione, quella con diametro inferiore a 2 mm, si chiama "terra fine" ed è a sua volta suddivisibile in:
sabbia: è data da particelle con diametro compreso fra 2 e 0,02 mm;
limo: è dato da particene con diametro compreso fra 0,02 e 0,002 mm;
argilla: è data da particene con diametro inferiore a 2/1000 di mm.
La sabbia ha solo un'azione meccanica, costituendo l'intelaiatura attorno alla quale sì dispongono le particelle più piccole, rendendo più poroso il terreno.

L'argilla ha invece la capacità di assorbire l'acqua, pur permettendone un buon deflusso, e di cederla gradualmente alle radici delle piante. Trattiene, altresì, gli elementi concimanti, preservandoli dal dilavamento, con grande vantaggio per il nutrimento delle piante stesse.
Inoltre l'argilla conferisce compattezza e plasticità al terreno. Se è però troppo abbondante, il terreno diviene eccessivamente compatto ed impermeabile all'acqua ed all'aria, con danno per le radici ed i microorganismi del terreno stesso. Esistono molti tipi di argilla. non tutti ugualmente utili per il terreno.
Il limo ha caratteristiche intermedie fra la sabbia e l'argilla.
I terreni migliori dal punto di vista agronomico sono quelli contenenti il 50-70% di sabbia, il 30-50% di limo, il 10-25% di argilla
IL CLIMA
Pioggia e siccità, temporali e grandinate, condizionano ogni anno la produzione viticola alternando annate ricche e opulente ad altre con rese al di sotto delle aspettative. Il clima è quindi un altro dei fattori determinanti per la buona riuscita di una vendemmia nei confronti del quale la vite è molto esigente. Per limitare i danni dovuti alla grandine, si possono sistemare delle reti che riparano i filari, e in alcune zone si può ovviare a lunghi periodi siccitosi con interventi di irrigazione artificiale. Ma sugli effetti delle variazioni climatiche, l’uomo più di tanto non può fare. Per garantire buone caratteristiche di eleganza e qualità, le temperature devono essere temperate, né troppo elevate né troppo basse; le gelate, soprattutto quelle tardive primaverili, potrebbero compromettere lo sviluppo delle gemme. Tutto questo viene perfettamente riassunto nel termine di MICROCLIMA fattore fondamentale nel creare l’ambiente pedoclimatico di ogni piccola zona, nel quale intervengono anche la composizione chimica e la struttura fisico-microbiologica del terreno, che delineano il carattere specifico di ogni territorio.


Le Tecniche colturali
Se le condizioni naturali sono assolutamente fondamentali, l’intervento dell’uomo nella vigna può migliorare lo sviluppo della vite e la ricchezza delle uve, determinanti negli ultimi anni per un notevole incremento della qualità del vino. Vitigno e portainnesto, densità d’impianto e sistema di allevamento in funzione delle condizioni pedoclimatiche, potatura e periodo della vendemmia, sono solo alcune delle scelte che condizionano fortemente il risultato finale, un vino di qualità discreta, buona ,ottima o eccellente.
La densità dell’impianto: le tendenze più recenti mirano all’infittimento degli impianti, che porta il numero dei ceppi per ettaro fino a 6500-9000, al posto dei pi consueti 2500-3500, in media 4500-5500.
L’alta densità d’impianto non è tuttavia sufficiente, perché deve essere abbinata a una riduzione del numero di gemme per ceppo, quindi dei grappoli. Inoltre, la contemporanea applicazione dell’infittimento degli impianti e della drastica potatura delle gemme porta alla formazione di grappoli con acini più piccoli, nei quali aumenta il rapporto tra la superficie della buccia e il volume dell’acino, con una maggior ricchezza in polifenoli e sostanze aromatiche, che daranno vini più colorati e profumati.



venerdì 4 aprile 2014

I PROBLEMI DELLA VITE

www.vinocibo.it -di Nicola Tamburrino

Peronospora della vite
Oidio della vite
La vite è una pianta delicata, che soffre il freddo invernale, le gelate primaverili e la grandine, ma la prolungata siccità e le eccessive piogge, in determinati terreni, possono provocare stress idrici o asfissia radicale, che ne danneggiano o rallentano lo sviluppo. Non solo, perché virus e funghi, colpendo la radice e le foglie della vite, possono indebolire la pianta, così come le carenze nutrizionali del terreno, le condizioni troppo abbondanti e le coltivazioni intensive. Per esempio un eccesso di potassio causa la carenza di calcio e magnesio, con un conseguente disseccamento del raspo, oppure un apporto troppo abbondante di azoto provoca un maggior rigoglio vegetativo a discapito della qualità. Spesso si ricorre a concimazioni organiche con letame o concime vegetale. In terreni destinati a produzioni di qualità in genere non si utilizzano concimi minerali,anche se a volte l’integrazione mirata di azoto e fosforo può migliorare la finezza e l’aromaticità delle uve, mentre potassio magnesio, calcio e zolfo danno maggior turgore alle viti coltivate in terreni poveri e dilavati. Peronospera, oidio e il vettore del mal d’esca (stereum irsutum) sono alcuni tra i parassiti fungini più pericolosi per la vite. La peronospora si diffonde più nei climi umidi e con molte piogge, mentre l’oidio predilige climi più secchi e afosi. Situazione a sé è quella della Botrytis cinerea che, come tutte la altre muffe, in genere danneggia l’uva, ma che in un paticolare stadio di sviluppo e condizioni pedoclimatiche adeguate, da grandi risultati..
•Ragnetti, tignole e cicaline sono alcuni tra gli insetti più diddusi che provocano danni a carico della vegetazione o della produzione, non mortali, ma a volte di elevate proporzioni. C’è però l’eccezione dello Scaphoideustitanus, cicalina che negli ultimi anni ha creato non pochi problemi. Vettore della temutissima flavescenza dorata, normalmente presente nei vigneti,porta ad una degenerazione lenta della pianta, fino alla sua morte per costrizione dei vasi vascolari. Questa cicalina si nutre e cresce pungendo le foglie e succhiandone la linfa, attività che diventa micidiale quando nel vigneto sono già presenti piante malate di flavescenza dorata, perché la trasmissione della malattia è istantanea. Tra i parassiti che provocano danni a livello radicale si possono ancora ricordare la già citata fillossera ed i nematodi, piccoli vermi che vivono nel terreno e che possono trasmettere alcune virosi, come l’accartocciamento fogliare, l’arricciamento e la suberosi.

La Maturazione dell'Uva

www.vinocibo.it -di Nicola Tamburrino

La maturazione dell'uva inizia quando gli acini ingrossano e si colorano, la polpa si ammorbidisce e
concentra gli zuccheri,soprattutto il fruttosio, che in parte sostituisce il glucosio. Contrariamente a quanto
avviene negli altri tipi di frutta, nei quali il fruttosio è molto più abbondante di tutti gli altri zuccheri, nell'uva, anche a piena maturazione, la sua percentuale è simile a quella del glucosio, definito per questo zucchero dell'uva. I lieviti che svolgono la fermentazione alcolica trasformano più velocemente proprio il glucosio, fatto che spiega la facilità con la quale si possono instaurare fermentazioni spontanee, dovute per esempio ai lieviti indigeni o selvaggi presenti nella buccia dell'uva. Non tutte le sostanze presenti nell'acino aumentano durante la maturazione. Gli acidi, per esempio, diminuiscono,soprattutto il malico, il più aspro e aggressivo, presente in quantità maggiori nelle uve non del tutto mature e in quelle coltivate nelle zone più fredde. La cosa importante è che resti l'acido tartarico, fondamentale nel determinare l'acidità del mosto. Fino a qualche anno fa il momento della vendemmia veniva deciso solo sulla base del rapporto tra zuccheri e acidi, mentre negli ultimi anni ci si basa anche su altri fattori. Si può infatti parlare di maturità tecnologica, fenologica e aromatica, aggiunte in genere tra la seconda metàdi agosto e la fine di ottobre, in funzione del tipo di vitigno, dell'ambiente pedoclimatico, dell'andamento stagionale e della tipologia di vino che si desidera ottenere. Proprio a causa di tutte queste variabili, non sempre questi momenti coincidono. La maturazione tecnologica viene valutata in base al rapporto tra zuccheri e acidi. Di conseguenza per favorire la produzione di un mosto più ricco di acidi fissi, soprattutto nelle zone calde la raccolta delle uve viene un po' anticipata.

La maturazione fenolica coinvolge, come dice il termine, la componente fenolica dell’uva, più concentrata nelle bucce e nei vinaccioli. Quando le uve raggiungono questo stato di maturazione, la membrana delle cellule della buccia si trova nella situazione ottimale per permettere la massima dissoluzione dei componenti fenolici nel mosto, soprattutto gli antociani. Nel periodo che precede la maturità fenolica i tannini potenzialmente estraibili dai vinaccioli assumono maggior importanza, mentre per quelli delle bucce si ha una maggiore estraibilità nei casi di sovramaturazione delle uve, quando gli antociani tendono a diminuire un po’. Sintetizzando, si può dire che lasciando maturare le uve un po’ più a lungo, si ha un incremento della componente fenolica che contribuisce a rendere il vino più strutturato e ricco di tannini, e una leggera diminuzione di quella che rende il colore pieno e compatto. Il caso ideale è quello nel quale maturità tecnologica e fenolica coincidono, a conferma di un perfetto adattamento del vitigno all’ambiente pedocliclimatico e di un ottimo andamento stagionale. A volte può succedere che la maturità fenolica venga raggiunta un po’ in anticipo rispetto a quella tecnologica,come accade più spesso nelle zone calde. In questo caso se si atende la piena maturazione tecnologica si perdono un po’ di antociani e quindi di colore. In caso conrario è più frequente nelle zone settentrionali e più fredde, nelle quali si tende a fa sovramaturare un po’ l’uva, per avere vini comunque ricchi di pigmenti ma non troppo di tannini, che darebbero un’eccessiva ruvidità al vino. La maturazione aromatica è legata in particolare all’accumulo degli aromi varietali, soprattutto del gruppo dei terpeni. Queste sostanze possono essere libere nella polpa e quindi percepite anche masticando un chicco d’uva, come per il moscato, oppure possono essere legate a molecole di zucchero, nel qual caso diventeranno volatili e quindi percettibili dall’olfatto solo in seguito a reazioni di idrolisi nel mosto e nel vino. L’accumulo di sostanze aromatiche nelle bucce tende ad aumentare durante la maturazione, per poi diminuire se questa viene prolungata. La maturazione dell’uva dipende da numerosissimi fattori, come la superficie fogliare esposta, il peso delle uve/ceppo, il numero e la fittezza degli acini nel grappolo, la disponibilità di acqua nel terreno e altri ancora.

IL CICLO DELLA VITE

www.vinocibo.it-di Nicola Tamburrino

La vite ha due cicli biologici: il ciclo vitale ed il ciclo annuale
1. il ciclo vitale
 riguarda le varie età della pianta,
che possiamo indicare, come per l'uomo: infanzia, gioventù, fase adulta e vecchiaia.
Fase di improduttività (pianta giovane): dura da 1 a 3 anni dopo l'impianto, nei quali la vite è pressoché improduttiva;
fase della produttività crescente: si verifica a 4-5 anni di età, nei quali la vite inizia a produrre e si porta al suo livello di normalità produttiva e fisiologica;
fase di produttività pressoché costante: dura dai 5 sino ai 20-25 anni del vigneto, durante i quali la vite si considera adulta, nella piena maturità della sua vita produttiva;
fase di vecchiaia: si verifica nei vigneti di 30-40 anni.
Tuttavia lo sfruttamento moderno della vite ha accorciato notevolmente la vita dei vigneti.
La fisiologia, la produttività e la quantità di uva si differenziano nelle varie età.

2. ciclo annuale
è rappresentato da quella serie di "fasi fenologiche" che si verificano ogni anno.
•sottociclo vegetativo
•sottociclo riproduttivo
•Il sottociclo vegetativo inizia in genere in marzo, quando il terreno si riscalda. Nella vite la linfa inizia a risalire lungo il tronco e dai punti nei quali si è effettuata la potatura si vedono fuoriuscure goccioline di linfa stessa, fenomeno conosciuto come pianto della vite.
•In aprile inizia il germogliamento delle gemme,
•segue l'accrescimento dei germogli, ossia lo sviluppo dei rami normali ed anticipati (femminelle). L'accrescimento vegetativo dura da aprile ai primi di agosto;
•al termine della crescita il germoglio passa un periodo di maturazione (elaborazione delle riserve) detto di agostamento. Il germoglio da verde diviene marrone.

•Questa fase va dai primi di agosto a tutto novembre;
•il tralcio entra quindi in riposo, periodo che va dalla defogliazione (dicembre) al successivo germogliamento (aprile).

Il sottociclo riproduttivo
•Si verifica sullo stesso germoglio che attraversa le fasi del sottociclo vegetativo.
Le fasi riproduttive possono essere così sintetizzate:
•comparsa dei grappolini, loro sviluppo e completamento con formazione dei fiori, differenziazione del polline e degli ovuli atti alla fecondazione;
•fioritura: antesi (apertura) dei fiori ed unione (fecondazione) del polline con l'oosfera e con il nucleo secondario, entrambi presenti nell'ovario. La fioritura si verifica nella prima metà di giugno.
•allegagione: è la formazione delle giovani bacche, che si realizza per trasformazione ed ingrossamento dell'ovario del fiore. L'allegagione si verifica verso la metà di giugno;
•accrescimento degli acini o fase erbacea delle bacche: in questa fase le bacche si sviluppano per divisione e distensione delle cellule dell'ovario. La fase erbacea termina verso la metà di agosto (dipende dalle varietà);
•invaiatura: in questa fase gli acini cambiano colore, da verde a giallo o rosso, si verifica verso la metà di agosto (dipende dal clima e dalle varietà);
•maturazione degli acini: dopo l'invaiatura le bacche crescono per deposito degli zuccheri e di altri composti (polifenoli, elementi minerali, aminoacidi, ecc.), nonché per accumulo di acqua. La maturazione delle bacche va da metà agosto a metà settembre-ottobre, a seconda dell'epoca di maturazione dei vitigni (da precocissimi sino a molto tardivi);
•vendemmia (o raccolta): può andare da fine agosto a... Natale, per le vendemmie tardive e per gli ice-wein. La vendemmia manuale è ancora quella migliore sotto il profilo qualitativo, per la possibilità di cernita dei grappoli e per il rispetto dell'integrità degli acini. Per necessità (carenza di manodopera) si va diffondendo la vendemmia meccanica, che presenta una serie di difficoltà e di problematiche

             Prefioritura del grappolo                                                                                                              Fioritura del grappolo

                          Allegagione                                                                                                                           Ingrossamento degli acini

La Nascita del Vigneto

www.vinocibo.it-di Nicola Tamburrino
 

La vite è una pianta rampicante, con radici estese che servono per fissare la pianta al terreno e ricavarne tutto il necessario per la crescita e la fruttificazione. Se a causa di una lunga siccità il terreno risulta molto
arido, per trovare acqua e sostanze nutritive le radici scendono adirittura fino a 5-6 meri di profondità. Per riprodurre nuove vit, non considerando l’utilizzo del seme (vinacciolo), che porterebbe alla formazione di viti con caratteri sensibilmente diversi dalla pianta madre, le tecniche utilizzate sono per TALEA e per INNESTO.
Per TALEA si intende un pezzo di tralcio di un anno dotato di almeno 2 gemme; piantato verticalmente nel terreno, emette le radici dalla parte inferiore e un germoglio che darà la barbatella  da quella superiore.
L’INNESTO è dato invece dall’unione di due pezzi di tralcio, di cui uno dotato almeno di una gemma. La tecnica per TALEA pur originando viti dette franche di piede, dotate di elevate ed
indiscusse caratteristiche qualitative, con produzioni equilibrate nel tempo, minor vigore e frutti più caratterizzati, trova un grande limite nella scarsa resistenza alla fillossera, per cui la tecnica adotata per eccellenza è quella dell’INNESTO. Per questo motivo le giovani viti sono per lo più costituite da una varietà di vite europea innestata su piede (portainnesto) di origine americana osu ibridi euro-americani,comunque resistenti alla fillossera.
L’Italia è un grande produttore di legno per talee e di barbatelle, che esporta in tutto il mondo. Le tecniche di innesto più diffuse sono due. La prima, la più usata nelle regioni centrosettentrionali, consiste nell’innesto a doppio spacco inglese o ad omega, realizzato al tavolo, per preparare una barbatella che effettuerà u anno di radicazione in vivaio, per sviluppare le piccole radici, con varietà e portainnesto (bimembre). Nelle regioni meridionali e nelle isole il più applicato è l’innesto alla maiorchina (a gemma), realizzato in gennaio-febbraio direttamente nel vigneto,su un portainnesto piantato nel mese di settembre dell’anno precedente. Il vantaggio a doppio spacco inglese sta nella precisissima unione dei tessuti dei due tralci, nella possibilità di eliminare durante la radicazione in vivaio le piante non sane dal punto di vista vascolare e nella perfetta costituzione del nuovo vigneto, mentre quello alla maiorchina, effettuato in inverno, offre una più ampia possibilità di scelte varietali di gemme, su un portainnesto già ben radicato.

 

La Vite - La Vitis vinifera

 www.vinocibo.it- di Nicola Tamburrino
Per molti secoli la coltivazione della vite si è concentrata in Italia, in Francia e in altri territori europei molto più limitati. Attualmente il vignetmondiale copre quasi 8 milioni di ettari, dei quali più del 60% si trovano
in Europa. Dagli anni 50 si è assistito ad un notevole incremento della viticoltura in molte parti del mondo, ma dagli anni 80 c è stata un inversione di tendenza, soprattutto in Italia e in Francia, con una produzione che in questi paesi si attesta attorno ai 50 milioni di hl/anno, a fronte di quella mondiale di circa 260 milioni. Questo trend viene confermato anche dalle ultime vendemmie. In Italia, per esempio, al giro di boa del terzo millennio, gli oltre 800.000 ettari di vigneto hanno dato grappoli per la produzione di circa 54 milioni di hl di vino, scesi a poco più di 46 milioni nel 2003. Su questi risultati ha inciso il particolare andamento stagionale degli ultimi anni, ma ha giocato un ruolo fondamentale anche l orientamento verso una minor produzione a vantaggio di un livello qualitativo più elevato. In alcuni paesi extraeuropei, inseriti abbastanza recentemente nel mondo del vino, i dati indicano un aumento della produzione, soprattutto in seguito ad un ampliamento della superficie vitata.
Veneto, Emilia Romagna, Puglia, Abruzzo, Piemonte e Toscana sono le regioni che guidano la classifica della produzione italiana, ma in tutte ci sono zone con le proprie peculiarità vitivinicole, spesso piccole realtà fortemente condizionate da terreni abbarbicati su pendii scoscesi e difficili da coltivare, a volte anche da una politica produttiva per lo meno discutibile.

la produzione del vino in alcuni paesi del mondo
L'aumento della richiesta di vino di qualità da parte di un pubblico competente ed esigente, sempre più spesso in grado di valutare la coerenza del rapporto qualità/prezzo di ciò che gli viene offerto, rende ancora più impegnative le decisioni da prendere in vigna. La scelta del portainnesto e del vitigno in funzione delle caratteristiche pedoclimatiche, il sistema di allevamento e le tecniche colturali da applicare, il momento della raccolta dei grappoli, sono fattori decisivi per il risultato finale. Anche se - e forse questo che rende il vino un prodotto così affascinante - ogni vendemmia è un caso a sé. E sole e vento, piogge e gelo, spesso, dicono la loro in modo determinante.

LA VITIS VINIFERA
Le prime viti selvatiche di Vitis silvestris popolavano la terra 60 milioni di anni fa, mentre quelle di Vitis vinifera, l’attuale vite da vino conosciuta come vite europea nonostante l’origine sud-asiatica, fecero la loro prima comparsa molto più tardi, probabilmente intorno a un milione di anni fa, come testimoniano alcuni fossili ritrovati nel travertino di S. Vivaldo in Toscana. In origine la Vitis silvestris era diffusa in molte zone della terra, ma i fenomeni di glaciazione ne ridussero l’estensione, limitata alle aree più miti del bacino del mediterraneo e dell’Asia minore; solamente il successivo riscaldamento del pianeta ha reso possibile la loro crescita anche in aree decisamente più settentrionali. In alcuni territori euroasiatici la coltivazione della vite per produrre vino si fa risalire ad epoche piuttosto recenti, intorno al 5000 a.C., ma le prime viti coltivate ad alberello arrivarono in Italia intorno al 2000 a.C. Non solo il freddo è stato nemico acerrimo della vite. Il destino della Vitis vinifera ha dovuto lottare contro mille avversità, tra le quali, tra la metà e la fine dell’800, l’attacco dell’oidio, insetto parassita giunto dall’America, che colpì particolarmente il vigneto francese e lo ridusse del 90%. Ancora più terribile fu quello della fillossera, fungo parassita dell’apparato radicale della vite, che ha distrutto l’85% del patrimonio viticolo europeo. Solo nei primi del novecento, con l’innesto delle viti europee su apparati radicati di origine americana resistenti alla fillossera, è stato possibile ricostruire il vigneto del vecchio continente, anche se numerosi vitigni non sono stati più recuperati. Poiché il problema della fillossera non è stato risolto in modo definitivo, per evitare la ripetizione di simili disastri si continua a ricorrere a questo sistema, utilizzando piedi di origine americana.

giovedì 3 aprile 2014

LA LOTTA INTEGRATA, LA COLTIVAZIONE BIOLOGICA E BIODINAMICA

 vinocibo.it di Nicola Tamburrino
Per evitare lo sviluppo di parassiti e virus, si può ricorrere a trattamenti antiparassitari con fungicidi e insetticidi, anche se sono inquinanti e costosi, poiché molti insetti e parassiti sviluppono forme di
resistenza ad alcuni dei principi attivi più impiegati, si può incorrere nel rischio che nell’anno successivo al trattamento, il parassita non solo si sviluppi lo stesso, ma lo si trovi ancora più virulento. Da circa un decennio molte aziende vitivinicole, sensibilizzate dall’uso razionale dei prodotti antipaassitari, aderiscono a dei modelli di lotta integrata. Questo sistema si basa sull’impiego limitato o addirittura nullo di alcuni principi attivi, al fine di contenere la distribuzione degli insetti normalmente presenti nei vigneti, sfruttando proprio la loro azione competitiva nei confronti di tutti gli agenti patogeni, considerando anche i fattori legati all’ambiente e alle tecniche colturali in grado di ridurre lo sviluppo dei parassiti.
L'agricoltura biologica è una evoluzione dell'agricoltura moderna, che punta a un minore impatto ambientale e a salvaguardare i sistemi agricoli dal ...
Un numero limitato di aziende ha invece intrapreso la coltivazione biologica; questa esclude l’utilizzo di diserbanti per il controllo delle erbe infestanti e quello di prodotti chimici di sintesi per la difesa fitosanitaria. In questo caso sono consentiti solamente interventi con prodotti a base di rame e zolfo, poltiglia bordolese e zolfo di miniera, rispettivamente contro la peronospora e l’oidio, di formulati a base di argille e solfiti contro la botrytis cinerea, oltre che del bacillus thuringensis contro tignole, tignolette e cicaline.
La coltivazione biodinamica vuole invece avvicinare la coltura alle forze energetiche che danno la vita ad ogni specie vegetale in maniera sempre differente. si rifà ai modelli di agricoltura biodinamica espressi dal filosofo Rudolf Steiner agli inizi del ‘900, in cui nella gestione della coltura si dà innanzitutto importanza all’equilibrio del suolo e dalle forze energetiche stagionali. Si ricorre quindi ad un uso limitatissimo utilizzo di prodotti chimici, ad esclusione dei prodotti a base di rame e zolfo, non rifiutati in biodinamica, integrati con estratti vegetali che tendono a rinforzare le piante e ad aumentare le auto-difese. Inoltre si tende a rispettare gli insetti utili come simbolo di vita del vigneto e ad utilizzare solo superfici vocate per la viticoltura, con l’obiettivo di raggiungere una massima diversificazione negli aromi del frutto e nel gusto del vino.