sabato 12 aprile 2014

I piatti parlano, hanno un'anima


vinocibo.it -di Nicola Tamburrino

I piatti parlano. I piatti hanno un’anima. Siete d’accordo? I piatti assomigliano come gocce d'acqua agli chef che li preparano; di conseguenza,  se la persona che lo prepara è mediocre, il piatto risulterà, alla meglio, corretto. Questo è un commento pilatesco che i critici gastronomici utilizzano quando non vogliono esprimere in modo sincero il loro pensiero, in negativo si intende. Al contrario, quando ai fornelli la persona è di grande animo, allora la musica cambia. Ecco che in tavola abbiamo, gusto, poesia ed emozioni. La cucina è arte, vita, e certamente non è affare da robot. Per la mia prima pubblicazione ho scelto una ricetta vegetariana, che nel corso degli anni sta raccogliendo sempre più consensi. Io non sono uno chef, chi mi conosce sa che sono un maître, ma dopo trent'anni passati negli alberghi ho raccolto molte ricette. Questa non è una ricetta per tutti, ma solo per operatori del settore che hanno un’anima, che amano la gastronomia, che parlano con i piatti, che li realizzano come vere e proprie opere d’arte.
SUSHI di formaggio con cinque gusti
Ingredienti
Preparazione 1h 5’
Fagiolini
g. 200
1. Pulire i fagiolini e cuocerli per 6 minuti n acqua bollente salata. Disponeteli su un piatto a canna di bambù. Pelate i pomodori e tagliateli a cubetti. Disponeteli accanto ai fagiolini alternandoli ai capperi e condite con il sale grosso e olio extravergine di oliva.
Pomodori  ramati
n. 2
Capperi
g. 20
Olio extra vergine di oliva
g. 20
Sale grosso
g. 05



Mozzarella di bufala piccola
n. 1
2. Tagliate le fragole a fette, alternatele con delle fette di mozzarella. Frullate 2 fragole, aggiungete l’aceto di mele e un pizzico di sale. Condite gli strati di fragole e mozzarella con questa salsa.
Fragole
n. 6
Aceto di mele
g. 10



Ricotta
g. 40
3. Frullate la ricotta con il gorgonzola, quindi tagliate il pan carré a rettangoli di 3x2 cm., bagnatelo di olio e tostatelo in forno. Appoggiate sopra a ogni crostino una quenelle di spuma e guarnite con l’aneto sfogliato.
Gorgonzola
g. 20
Olio extra vergine di oliva
g. 10
Aneto
g. 05
Pan carré
1 fetta



Formaggio primo sale
g. 60
4. Tagliate il formaggio primo sale e i pomodori a fette, alternateli e conditeli con la paprika e l’erba cipollina.
Paprika dolce
g. 02
Erba cipollina
g. 05
Pomodori sardi
n. 2



Spinaci
g. 50
5. Sbollentate per qualche secondo gli spinaci puliti, stendeteli sopra a uno straccio umido e spalmatevi sopra la ricotta condita con olio extravergine di oliva e pepe. Arrotolate, riponete in frigorifero e tagliate a fette.
Ricotta
g. 80
Olio extra vergine di oliva
g. 20
Pepe
g. 01



Taccole
n. 5
6. Cuocete le taccole per 30 secondi e raffreddatele in acqua fredda. Condite la ricotta di capra con olio extravergine di oliva, la scorza di limone, le carote a cubetti e farcite le taccole con questo preparato.
Carote a cubetti
g. 10
Ricotta di capra
g. 40
Scorza di limone
g.02
Fiori eduli (primule o nastrurzi)




Disposizione 5’


Disponete i vari formaggi sul letto di fagiolini, guarnite con i cubetti di pomodoro, i capperi, i fiori e servite.
Perché Sushi?
I fagiolini sono il bambù tanto amato dalla cucina giapponese e le forme ricordano l’estetica del piatto.



Sushi di formaggio ai cinque gusti

venerdì 4 aprile 2014

La Droga e l'onestà



La droga è un fenomeno che colpisce tutte le fasce d’età, naturalmente quanto più uno è giovane tanto più è vulnerabile, ribelle, innamorato o innamorabile; le passioni da giovani sono più forti che da vecchi e quella della droga è una folle passione, un folle innamoramento di una persona nei confronti di una sostanza che diventa poi più importante di qualsiasi altra cosa. Tutte le epoche hanno avuto un consumo di sostanze sin dai tempi di Noè e tutte le epoche continueranno ad averlo. La ricerca del piacere è innata nell’uomo che, come tutti gli animali, insegue il piacere e sfugge il dolore. Inoltre l’uomo è mortale quindi è sempre alla ricerca della pillola dell’ immortalità o della felicità.


Mi ripongo la domanda:porca miseria  perché ci si droga?

Forse perché

- perché ci si sente soli e si è soli;
- perché si soffre di depressione;
- perché si proviene da una famiglia assente o malata;
- perché c’è una mancanza di valori;
- perché da ragazzi ci si sente invincibili;
- perché ci può essere un fenomeno di imitazione verso altri ragazzi;
- perché la droga si trova ovunque e costa poco;
- perché non c’è abbastanza informazione sull’argomento…

è tutto vero! Ma… Veramente, perchéci si droga? Lo sapete perchè?

 Ci si droga perchè “la droga è buona”!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

La gente che si droga è gente debole e con problemi, tutti i problemi sopra  elencati. fa una cosa stupida, ma non è stupida. Perché la prima volta la droga è sempre, sempre, sempre, sempre, sempre, sempre buona; ti fa star bene, risponde in modo sincero e immediato a un tuo bisogno, risolve il tuo problema, ti dà quello che gli altri non sono stati capaci di darti.

All’inizio si tratta solo di fumo: hashish, marjuana…
Ma ben presto si trova qualche ragazzo più grande che porta le pastiglie (ecstasy o mdma), e “
calarsi” è una cosa abbastanza normale, soprattutto nei weekend.
Queste sostanze costano così poco, che ci si può ‘calare’ anche 4-5 volte in una sera: 10 euro, non di più. Vuoi non avere 20euro in tasca?
Poi con l’ecstasy ti senti bene: non a caso queste droghe chimiche vengono chiamate sociali. Facilitano la socializzazione. Solo che dentro son piene di merda (sì, scusate, l’ho detto!!!!!): componenti chimici studiati a tavolino, fuori da qualsiasi controllo, potenzialmente pericolosi. In pratica tu sei una cavia umana, perché, essendo dei prodotti fuorilegge, non saprai cosa c’è veramente dentro finché non l’avrai mangiato e assorbito.
Allora mi chiedo cosa si può fare per aiutare i nostri ragazzi?
L’unica strada che mi si pone davanti, di fronte a tutto questo, è
l’onestà.
Dobbiamo dire ai nostri ragazzi la verità. Perché loro sentono sempre dire che le droghe uccidono (e in molti casi è vero, ma non così tanti come vogliamo credere…) e poi se disgraziatamente una volta le provano, non solo non muoiono, ma si sentono pure bene, si divertono. E si sentono totalmente invincibili. E pensano che noi grandi siamo i soliti bugiardi, che ci inventiamo che la droga fa male e che in realtà non è per niente vero, perché loro l’hanno presa e sono stati benissimo.

Allora cerchiamo di essere onesti.
Diciamolo, ai nostri ragazzi, che alcune persone ci restano secche al primo colpo, e che altri le provano e si sentono bene. Alcuni ne usciranno devastati. Altri no.

Perché dire questo?
Perché se dite che il fumo uccide, quando vostro figlio vedrà il
pusher del quartiere che ha 50 anni e si fa 20 canne al giorno, non vi crederà.
Se gli dite che una pastiglia di ecstasy uccide, la prima volta che andrà in discoteca e vedrà che metà della gente si
cala, non vi crederà più.
Se dite che dalle canne si passa sicuramente all’eroina, quando al centro sociale vedrà il suo professore di ……………….. che si fa una canna, non vi crederà.

La morte per i consumatori di droga è un evento comunque raro.
E in ogni caso la morte non è un deterrente per un adolescente che si crede onnipotente.

Quello che invece non è affatto raro, sono le conseguenze che dovrà affrontare nella sua vita normale: tutto quello che le droghe apparentemente danno di buono, se lo prendono con gli interessi dopo un po’ di anni.
Potrebbe accadergli di diventare impotente, di avere problemi cardiaci, di dover passare tanto tempo all’ospedale, di avere un deficit dell’attenzione, di avere turbe comportamentali e disturbi della personalità, di passare attraverso l’anoressia e la bulimia, di perdere la capacità di studiare e memorizzare, di cadere in depressione.

Potrebbe accadergli di entrare in un contesto sociale in cui è possibile avere molti problemi: potrebbe beccarlo la polizia, potrebbe finire in galera, potrebbe entrare a far parte di un mondo borderline, privandosi per sempre della sua              g i o v i n e z z a.
Ragazzi…………………………..
Davvero ne vale la pena?????????????????
Se volete potete rispondere a questo mio blog, mi farebbe veramente piacere leggere le vostre considerazioni.
In ogni caso vi risponderò sempre dicendovi:
Ma ne vale davvero la pena??????????????????????

“La vita è un bene prezioso”


Il bere con gusto e intelligenza è un piacere non trasformarlo
in un dispiacere per te e per gli altri.
Impariamo a conoscere l’alcol per poterlo apprezzare

            Che cos’è l’alcol?
L’alcol etilico o etanolo è prodotto dalle fermentazioni degli zuccheri presenti nella frutta, nei cereali, in alcuni semi e tuberi.
            Accanto ai fermentativi (vino, birra, sidro) esiste anche un’altra categoria di bevande alcoliche: quella dei “distillati” (grappa, whisky, gin, wodka, rum, tequila ecc.). Il processo di distillazione, a partire dai fermentativi consente di eliminare progressivamente il contenuto di acqua ed inquinanti, fino a vari gradi di concentrazione. In tal modo si può ottenere anche alcol ad altissima gradazione per usi diversi da quelli alimentari.
            L’uso di consumare bevande alcoliche ha accompagnato la storia stessa dell’uomo e delle sue civiltà, dalle meno alle più evolute. Studi hanno messo in luce come tutti i popoli hanno sfruttato largamente il fenomeno della fermentazione di cereali per produrre bevande.
            Nell’antichità, l’alcol era solo per pochi eletti. E anche per questo raramente portava all’emarginazione. Anzi era considerato una sostanza che “apriva la mente”, tanto che Socrate e Platone ne facevano abbondante uso durante il loro filosofare. Nelle religioni antiche, tremende ubriacature di vino e birra aiutavano, con la danza, il cembalo (clavicembalo) e i tamburi, a raggiungere l’estasi della musica.
            Questi aspetti storici e culturali sono importanti per far comprendere in primis ai giovani che un distillato o un cocktail è un piacere che non deve diventare un dispiacere. Beviamo per festeggiare un evento speciale, per incontrare amici o altro. Molti giovani bevono emulando dei modelli per non “sfigurare” con  propri amici e perché tutti bevono. Il consumo di alcol tra i giovani è un fenomeno preoccupante perché sempre più in aumento sia a livello nazionale che internazionale.
Da molti anni l’incidenza della dipendenza da alcol è in aumento in tutto il mondo. Per lo sviluppo di questa condizione interagiscono tre fattori causali: personalità, ambiente e assuefazione alla sostanza. Così a parità di tutti gli altri fattori, le personalità insicure o immature presentano un rischio maggiore rispetto agli individui emotivamente maturi.
            I fattori ambientali sono importanti, soprattutto la propria disponibilità, il prezzo accessibile e l’accettazione sociale dell’alcol nella cultura e nella morale dell’individuo e delle persone inserito in un contesto lavorativo o nei momenti di svago. Occorre quindi informare ed educare i giovani al bere con messaggi istruttivi dove si possono apprendere l’arte e la cultura della liquoristica e della miscelazione.
            Va subito detto che l’alcol non è un nutriente anche se un grammo di alcol libera diverse calorie, esse però sono calorie “vuote”, cioè non apportano sostanze nutritive.
            A differenza delle altre sostanze nutritive, l’alcol una volta entrato nel nostro organismo deve essere obbligatoriamente metabolizzato ed eliminato, perché produce acetaldeide che è una sostanza tossica e cancerogena, ed oltretutto l’alcol non può essere immagazzinato come riserva, come avviene per gli zuccheri e i lipidi. L’etanolo dopo che è stato assorbito si diffonde nei fluidi corporei, e può essere eliminato attraverso il respiro, la sudorazione e le urine, ma la stragande maggioranza dell’etanolo viene metabolizzata (assimilata, dai vari tessuti, ma il ruolo chiave nel metabolismo dell’alcol lo svolge il fegato). L’assorbimento dell’alcol inizia a livello dello stomaco, ma è più pronunciato a livello intestinale. La molecola dell’alcol è molto piccola e solubile in acqua: ecco perché, una volta ingerito, l’alcol è assorbito velocemente per semplice diffusione, senza dover sottostare ai lunghi tempi della digestione. A digiuno la velocità di assorbimento è più elevata, mentre a stomaco pieno è più lenta. Il fegato è l’organo che metabolizza la maggior parte dell’etanolo ingerito, trasformandolo, per ossidazione in acetaldeide. L’acetaldeide è una sostanza molto tossica, che non si riesce a smaltirla tutta si accumula proprio nel fegato, che quindi subirà i danni maggiori. Dopo circa 15-20 minuti, l’alcol si trova nel sangue e, attraverso il torrente sanguigno, è veicolato a tutti gli organi e distretti corporei, i suoi effetti crescono in modo direttamente proporzionale rispetto al tasso e alla quantità assunta.

Non dimenticare mai che
non sei tu che abusi dell’alcol…………
E’ lui che abusa di te…………

L’ambiente pedoclimatico

www.vinocibo.it -di Nicola Tamburrino

latitudine e altitudine, terreno e clima, sono i fattori che più di altri
Vigneto della Valpolicella
determinano la buona riuscita dell’impianto di un nuovo vigneto, sulla base di moderne tecniche colturali e di precise disposizioni legislative, sia italiane sia europee. La vite è una pianta piuttosto esigente nei confronti delle condizioni climatiche, perché teme il freddo, ma anche il caldo eccessivo non fa produrre frutti di qualità. Nel nostro emisfero, quello boreale, la fascia territoriale nella quale
vigneto delle Langhe
la vite si sviluppa al meglio è compresa tra il 40°-50° parallelo di latitudine, in particolare a cavallo del 45°,anche se in alcune zone più a nord danno ottimi risultati. Tra tutti si possono ricordare i territori lungo la Mosella e il Reno, in Germania, dove attorno al 50° parallelo vitigni come il riesling e il gewürztraminer sviluppano i loro intensi profumi. Nell’emisfero australe le zone migliori si distribuiscono invece nella fascia compresa tra il 30°-40° parallelo.
Vigneto zona Avellino

Vitigno e portainnesto

www.vinocibo.it -di Nicola Tamburrino

La produzione di vini di qualità è strettamente legata alla scelta del vitigno e del portainnesto, senza perdere mai di vista le caratteristiche pedoclimatiche della zona nella quale avviene l’impianto del vigneto. Non tutti i vitigni mostrano la stessa adattabilità alle diverse condizioni climatiche e territoriali. Dopo un breve periodo di ambientamento, alcuni si adattano perfettamente in quasi tutte le zone, altri sono molto più difficili.
Tra i primi si possono ricordare chardonnay, merlot, cabernet, savignon e altri ancora, che pur affondando le proprie radici storiche a latitudini piuttosto elevate e con temperature fresche, hanno saputo acclimatarsi anche in regioni molto calde, sia in italia sia in altre zone viticole mondiali. Tra quelli più esigenti,due esempi molto significativi sono il pinot nero e ancora di più il Nebbiolo, che riesce ad esprimere tutta la sua personalità quasi solo nelle Langhe, con l’eccezione circoscritta della Valtellina. Il rischio da evitare è quello che la rincorsa al risultato garantito , facile ed immediato, porti all’abbandono di molti vitigni locali, che dovrebbero invece essere riscoperti e valorizzati, per non
Barbatella
perdere l’incredibile patrimonio ampelografico. La pianta della vite è formata dal vitigno o cultivar e dal piede o portainnesto. Per evitare l’azione micidiale della fillossera, il portainnesto è quasi sempre di origine americana. In Valdadige e in alcune zone in Argentina, Cile e Portogallo, si trovano ancora vitigni coltivati su piede franco, cioè senza il portainnesto di origine americana.
Le condizioni di fertilità e umidità del terreno di questi territori, favorendo un ampio sviluppo radicale della vite, la mettono infatti in condizione di resistere meglio agli attacchi del parassita. Per migliorare le resistenza della vite alle malattie, la sua produttività e la qualità delle uve, attualmente si svolgono importanti ricerche e sperimentazioni per la selezione di nuovi cloni e per il miglioramento di quelli già esistenti. All’interno di ogni qualità esistono infatti diversi cloni, cioè più individui geneticamente identici, con specifiche caratteristiche riguardo la fertilità, la forma del grappolo e dell’acino, la capacità di accumulo di zucchero e di sostanze coloranti e odorose. Ad esempio di Sangiovese ci sono attualmente almeno una quarantina di cloni, distinti con numeri o sigle,altrettanti per il pinot nero, 15 di nebbiolo, 15 per il barbera, 20 di chardonnay ecc. Spesso si parla di vitigni autoctoni e alloctoni, a volte con un po’ di confusione, perché per molti non è così semplice risalire a una loro origine certa. Il vitigno autoctono è quello che è nato in una certa zona e che continua ad essere coltivato. Il punto è proprio questo: in alcuni casi non si sa bene se il vitigno sia nato proprio in quella zona, quindi questo termine sta assumendo un’eccezione più ampia, in quanto si riferisce a un vitigno che da molto tempo, almeno diversi decenni cresce e fruttifica in un certo territorio. Esempi di vitigni autoctoni certi sona: albana, Schiava, Grignolino, Brachetto, Nebbiolo, un po’ meno sicuri sono: Barbera, Aglianico, Primitivo, Vermentino. I vitigni alloctoni o internazionali sono di più immediata identificazione. Chardonnay, Sauvignon blanc, Riesling, Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Merlot, Pinot nero, Syrah ecc.. Sono ormai diffusi in ogni continente dove cresce la vite.
Vitigno Nebbiolo